Settore scelto: Economia circolare
Descrizione tesi
Il progetto di tesi si propone di fornire una metodologia concreta per l’analisi e il confronto dei modelli di business sostenibili e circolari di aziende operanti nello stesso settore e contesto, allo scopo di individuare punti di forza e di debolezza, piani di azione di miglioramento e criticità nello svolgimento delle proprie attività nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità. Gli impatti ambientali, economici e sociali dettati dal mantenimento del sistema lineare (take-make-dispose) hanno portato infatti alla necessità di fornire delle linee guida e di condividere per poter avere una transizione all’economia circolare (reduce-reuse-recycle). Il settore della Fashion Industry è uno dei settori considerato prioritario per il cambiamento di tale paradigma, a causa dei suoi frenetici ritmi di produzione e all’inquinamento e sfruttamento delle risorse e delle persone che ne consegue. Per tale motivo ho scelto di analizzare nello specifico cinque aziende italiane operanti nel settore della moda che utilizzano materie prime seconde come input per il perseguimento di obiettivi di sostenibilità. Le imprese analizzate sono state Good Sustainable Mood, WRÅD, Officina+39, Rifò e Cingomma. La metodologia utilizzata è stata quella dell’intervista qualitativa semi-strutturata, condotta ai CEO o ai dipendenti autorizzati delle realtà selezionate. A livello metodologico, come base di partenza per la valutazione sono state utilizzate due classificazioni proposte dalla letteratura: il framework RESTART e le tipologie di circular business models. RESTART è l’acronimo delle sette caratteristiche essenziali che un modello di business dovrebbe avere per considerarsi sostenibile. La prima caratteristica prende il nome di “Redesign” e riguarda la capacità di riprogettare e rinnovare i modelli di business in base alle esigenze dei propri stakeholder; nel campo della moda alcuni esempi hanno riguardato l’adozione di percorsi di certificazione e tracciamento dei propri prodotti. Ad essa segue la “Experimentation”, ossia l’adozione di un approccio di continua sperimentazione all’interno della propria attività, come ad esempio l’estensione di prodotti sostenibili all’interno della propria offerta. La terza caratteristica riguarda l’implementazione di una logica orientata al servizio, “Service-logic”, come l’assistenza post-acquisto per il ritorno dei beni utilizzati. La “Circular Economy” in questa classificazione diventa una caratteristica imprescindibile per un modello di business sostenibile; nel settore considerato le aziende, usando materie prime secondarie rientrano tutte nelle attività di reinserimento degli output nel processo produttivo. Essenziale è la creazione di alleanze e partnership, “Alliances”, per poter instaurare delle sinergie basate ad esempio sull’utilizzo dello stesso materiale di recupero. Si aggiunge poi l’allineamento delle priorità aziendali e dei propri stakeholder per il mantenimento degli obiettivi sostenibili (“Results”). Infine si ricerca l’equilibrio della “Three-dimensionality” della sostenibilità, ossia la dimensione ambientale, sociale ed economica. Oltre alla valutazione di questi aspetti, si è deciso di classificare il modello delle aziende selezionate in una delle cinque tipologie di circular business moldes proposte dal teorico Lacy: Filiera Circolare, che prevede il riutilizzo dello stesso input per più cicli produttivi e una transizione energetica al 100% rinnovabile ancora piuttosto lontana per le realtà italiane; Recupero e Riciclo, modello predominante per le aziende che usano materie prime seconde nel processo produttivo; Estensione della Vita del Prodotto, ossia attività di rigenerazione del prodotto a fine vita per recuperarne la redditività (esempio virtuoso di un’azienda studiata è stata l’adozione di tecniche di rigenerazione dei tessuti); i due modelli Piattaforma di Condivisione e Prodotto come Servizio, che si differenziano per la proprietà del prodotto offerto, riguardano l’offerta di un servizio che permetta di agevolare il noleggio, la condivisione e lo scambio di risorse. Nel caso delle aziende studiate, nessuna di esse ha al momento implementato una logica orientata a tale servizio. Tramite le interviste alle aziende e la creazione di schemi e tabelle per poter classificare ed inquadrare i business model studiati all’interno delle classificazioni proposte, è stato possibile avere una chiara panoramica di quali strade la aziende del settore stiano percorrendo per raggiungere obiettivi di sostenibilità. È emerso chiaro dallo studio come le aziende stiano a proprio modo soddisfacendo le caratteristica sopra elencate e come stiano attivamente ricercando sinergie con altre realtà industriali innovative allo scopo di supportarsi ed accelerare il processo di cambiamento dal Fast Fashion allo Slow Fashion e come l’attività sia fortemente ancorata all’erogazione di un prodotto materiale piuttosto che di un servizio.